L’altare e il banchetto per San Giuseppe: un rito che sopravvive nel tempo

Unità Pastorale Campobello di Mazara
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L’altare e il banchetto per San Giuseppe: un rito che sopravvive nel tempo

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Pubblicato da Don Nicola Patti in Lettere del Parroco · Sabato 17 Mar 2018
Tags: SanGiuseppe
In diversi centri del Meridione, in passato, la  necessità di affidarsi alla divina provvidenza spingeva in tanti a  preparare l’Altare in onore di San Giuseppe, facendo voto di “saziari a tri picciliddi”,  per chiedere la buona salute, un lavoro o per altri motivi. Protettore  degli orfani e delle ragazze San Giuseppe è invocato dagli uni perché li  soccorra e sostenga, dalle altre perché dia e trovi loro un partito  buono e profittevole (G. Pitrè, 1881).

La tipologia degli “Altari di San Giuseppe”,  nell’allestimento o in altri dettagli, presenta alcune varianti a  seconda delle città, ma il significato è il medesimo. Elemento  fondamentale degli altari è il pane, simbolo assoluto di provvidenza. Da  qui la tradizione dei “Pani di San Giuseppe”, finemente lavorati.  L’Altare vero e proprio consta di alcuni gradini, di solito tre, in cima  ai quali, come punto di convergenza prospettico, è posta un’immagine  della Sacra Famiglia. Talvolta, gli addobbi dell’Altare vengono a  costituire un caratteristico ambiente scenografico che fa da contorno  alla celebrazione del “banchetto” vero e proprio, le cui centouno  pietanze saranno offerte a tre bambini, che incarnano la “Sacra  Famiglia”, e ai visitatori. Sul tavolo del Banchetto, accanto a ciascuno  dei tre “santi”, sono posti tre pani di diversa forma. Davanti a “San  Giuseppe” è posto un pane a forma di barba o bastone (simbolo della  vecchiaia o della saggezza); un pane a forma di palma (simbolo della  pace) davanti alla “Madonna”, infine uno a forma di mondo o sole  (simbolo della Signoria di Cristo sulla storia) per il “Bambino Gesù”.

L’apertura del banchetto viene preceduto da un commovente rito di accoglienza,  che si svolge davanti la casa della famiglia che ha preparato l’Altare.  Si tratta della rievocazione drammatica del rifiuto d’ospitalità nei  confronti di Maria e Giuseppe così come emerge dal vangelo di Luca  (2,7): «Diede alla luce il suo Figlio primogenito, lo avvolse in  fasce e lo depose in una mangiatoria, perché non c’era posto per loro  nell’albergo». Come reazione psicologica nel culto popolare si ha  rievocazione del fatto in forma drammatica con un finale che placa  l’animo: il Banchetto in onore di San Giuseppe. La “Madonna” e il  “Bambino” si inginocchiano su degli appositi cuscini posti sull’uscio  della casa in cui è stato preparato l’Altare. “San Giuseppe”,  accompagnato da un tammurinaru, o da altri, si avvicina alla porta, che è chiusa.

L’accompagnatore, facendo le veci del “santo” bussa una prima volta recitando: -«Ci su tri poviri pilligrini, vinuti di luntana via, stanchi di lu camminu ed addiunu, c’è nenti di manciari»? Nessuno  risponde . La scena si ripete una seconda volta in cui si avvicina  anche la “Madonna”. Al terzo tentativo la “Sacra Famiglia” si presenta  al completo davanti la porta a chiedere ospitalità. A questo punto lu tammurinaru  specifica che non si tratta di tre pellegrini qualsiasi, ma di “Gesù,  Giuseppe e Maria”. La padrona di casa spalanca la porta gridando: -«Viva Gesù Giuseppi e Maria, viva»! Altro chiaro riferimento biblico è l’episodio evangelico della “fuga in Egitto” (Matteo 2,13): «Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Àlzati,  prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché  non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo»; episodio che nell’espressione popolare si traduce, nel rito di accoglienza, con quanto appena sopra riportato (“Ci su tri poveri pilligrini, vinuti di luntana via”). A  partire dal ruolo provvidenziale di San Giuseppe quale custode della  vita di Gesù, la Chiesa loda l’opera di Dio il quale ha voluto «affidare gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe» (Dal Messale romano: “Orazione colletta nella Solennità di San Giuseppe, Sposo di Maria”).

L’altare allestito presso la parrocchia Madonna di Fatima di Campobello di Mazara.
La prima pietanza del banchetto è rappresentata dall’arancia. Segue la cosiddetta pasta di San Giuseppi (la  cui preparazione cambia a seconda dei luoghi). Le altre pietanze, oltre  che da frittelle di ortaggi di vario genere, sono costituite da legumi,  pesci fritti, frutta fresca, frutta secca, dolci di diversi tipi. È  bandita la carne. I “santi” consumano solo una minima parte della  pietanza e offrono dei “bocconi” ai commensali, indicandoli  personalmente, i quali non possono rifiutarsi di accettare (V. Patti,  1977). La tradizione di offrire i “bocconi” delle pietanze agli  intervenuti al Banchetto cosa rappresenta se non la necessità della  circolarità del dono? Dono caricato di una precisa valenza simbolica che  è quello della circolarità dei rapporti interpersonali e comunitari.  L’Altare, con tutto il suo seguito umano, rappresentava, o per certi  aspetti ancora rappresenta, il paese o il quartiere.

Il tipico altare allestito secondo la tradizione belicina: drappi, coperte e ori.
In passato, il sistema calendariale del ciclo festivo scandiva lungo tutta l’annata  il rapporto organico tra momento produttivo e momento di consumo  comunitario (G. Gallini, 1971). L’antica civiltà contadina è in un certo  senso scomparsa, travolta da cambiamenti radicali nel campo della  tecnologia e dell’economia. Nonostante questo ogni paese ha conservato  una sua festa annuale. La tradizione popolare degli Altari di San  Giuseppe, in questa forma espressiva, non si capirebbe se non ricondotta  all’ambiente agricolo del luogo e alla necessità di “benedire” il ciclo  delle stagioni per assicurarsi i proventi della terra. La proprietà  terriera, o la “roba” rivestiva, soprattutto in passato, un valore  fondamentale. Accade quasi un processo di identificazione con la “roba”  posseduta. Inoltre nel meridione il tempo è il triste portatore di  disastri ambientali ricorrenti (R. Frattallone, 1988). La pietà popolare  si inserisce, talvolta, in questa visione fatalistica del tempo per  valorizzare alcune parentesi felici. La festa continua ad essere momento  di riconoscimento comunitario, occasione privilegiata in cui si  affermano i vecchi valori di una mutualità non ancora del tutto  liquidata. Negli ultimi anni, la consuetudine di allestire gli Altari  con i Pani di San Giuseppe si è molto diffusa anche presso molte  parrocchie, associazioni e scuole.

don Nicola Patti



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