L’eredità di San Giovanni Paolo II

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L’eredità di San Giovanni Paolo II

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Pubblicato da Don Nicola Patti in Lettere del Parroco · Sabato 08 Mag 2021
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L’otto maggio del 1993 San Giovanni Paolo II visitava la diocesi di Mazara del Vallo.
Come dimenticare la sua eredità alla chiesa e al mondo?​

Rivolgendosi alla cittadinanza il Papa afferma: «Mazara del Vallo è un crocevia tra la civiltà europeo-cristiana e quella arabo-musulmana. Essa vive continuamente la sfida della tolleranza e del dialogo».​
​ Nell’area di fronte la Chiesa di san Vito a Mare si celebra l’Eucaristica. Nell’omelia Il Papa commenta un passo biblico degli Atti degli Apostoli: «Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli» (At 6,7). Il Papa dichiara che quel racconto non è il resoconto di un successo umano, piuttosto «la contemplazione attonita dell’efficacia della Parola salvifica» che, senza particolari mezzi umani, si diffonde progressivamente raggiungendo il cuore degli uomini. Continua il Papa: «Certo, la collaborazione umana svolge la sua parte».​ E individua degli aspetti interessanti: a) la “predicazione” del testimoni oculari come sforzo di chiarimento e di “assimilazione”​ delle esigenze della fede; b) l’impegno di tutta la Comunità per rendere il messaggio evangelico “accessibile” alla gente di ogni cultura.​
Alla fine della celebrazione eucaristica, San Giovanni Paolo II, rapito dai colori del tramonto sull’immenso scenario del Mar Mediterraneo esclama (Giovanni Paolo II, Mazara del Vallo: l’omelia durante la santa messa celebrata sul lungomare dedicato a san Vito, patrono della città, 8 maggio 1993, in: IGPII, XVI/1, 1119):

«Carissimi, abbiamo celebrato l’Eucaristia, abbiamo lodato il Padre nel suo Figlio, abbiamo adorato il Creatore e il Cristo Redentore nella forza dello Spirito Santo. Sembra che abbiano celebrato con noi la terra e il mare, questa bellezza stupenda, il sole, le nuvole, il cielo, tutto: hanno celebrato con noi gli oltre duemila anni della storia, molto diversificata, e i novecento anni della Chiesa».

San Giovanni Paolo II è stato il grande protagonista di quella che possiamo definire come una delle “grandi manovre” di inculturazione della fede. Nel senso di un forte “cambio di rotta” impresso alla prassi evangelizzatrice, sulla via già tracciata dal Concilio Vaticano II e da Paolo VI. Il valore di questo processo di inculturazione della fede, sostenuto da Giovanni Paolo II, in 27 anni di pontificato, va colto anche sotto alcuni nuclei tematici fondamentali: ad esempio quello del dibattito franco con la cultura materialista, nihilista; col pragmatismo, il marxismo etc. Un confronto serrato con le ideologie ateistiche sostenuto attraverso un’appassionata ricerca dei fondamenti della persona umana (imago Dei) per la riaffermazione della profondità della sua natura razionale e spirituale.
Questa ricerca dei fondamenti della persona umana (e la conseguente riaffermazione della dignità di ogni uomo) ha radici lontane, impregna i nuclei teologici degli insegnamenti di questo Papa e si estrinseca in itinere nel suo Magistero, a partire dall’Enciclica programmatica (“Redemptor Hominis” 4 marzo 1979).​

San Giovanni Paolo II si è presentato al suo interlocutore non temendo di sfidarlo sul campo, ma non nel senso di uno scontro diretto. Grazie al suo bagaglio filosofico e teologico ha impresso al Magistero della Chiesa un’impronta chiara (un “cambio di rotta”) nel dialogo con il mondo, nello stile di una prassi di inculturazione della fede in prospettiva storico-salvifica quale diaconia della “verità”. Giovanni Paolo II è riuscito a imprimere al suo Magistero, per certi versi, una forte connotazione inculturante che va a toccare gli aspetti concreti della vita dell’uomo contemporaneo in tutte le sue dimensioni: ad esempio le “catechesi sull’amore umano”; egli parlerà anche, di Vangelo della vita, di Vangelo del lavoro e così via.
Una nota particolare di questo pontefice è dunque la riaffermazione della “trascendenza della vita umana” (i regimi totalitari​ che dominavano le nazioni dell’est europeo e certi sistemi di pensiero filosofico sono stati il campo di confronto che hanno permesso al pontefice di presentare ed estrinsecare in tutta la sua forza e bellezza la verità rivelata sulla persona umana e la sua dignità). San Giovanni Paolo II, e prima ancora Karol Wojtyła, sviluppa una filosofia della prassi in grado di superare le lacune marxiane e comprendere l’essenza della prassi umana in modo pieno e vero.
Uno dei temi teologici centrali del suo Magistero, quello della Buona novella della Redenzione, espressione contenuta in Ecclesia in Asia, rappresenta un forte nucleo di intersecazione sul piano teologico che ci permette di cogliere il cuore della passione educativa e missionaria di questo pontefice, ed assume un valore, a livello teologico pratico, come diaconia della libertà e della verità per l’edificazione del Regno di Dio. Un insegnamento che s’innesta nella vita della Chiesa e ne rappresenta un forte momento propulsivo nella permanente dimensione storico-salvifica che connota, in itinere, la prassi ecclesiale di evangelizzazione. Attraverso l’“icona” del Redentore, il pontefice ha ricercato il metodo, il contenuto, il modello, il linguaggio pedagogico performativo della Rivelazione per l’annuncio del messaggio cristiano, in interazione dialogica tra fede e cultura, in Traditio ecclesiae.
Il magistero della “Redenzione” di San Giovanni Paolo II o dell’unione soteriologica-redentiva (unione cristocentrico-trinitaria) inerisce ai processi di inculturazione della fede poiché tale nucleo teologico si estrinseca efficacemente a livello teologico pratico nella comunicazione pedagogico performativa del messaggio di salvezza.​
Giovanni Paolo II riconosce la vita umana e la storia come «tesoro» consegnato dal Padre a Cristo e da Cristo, nello Spirito, alla Chiesa, a partire dalla missione che essa ha ricevuto in seno alla comunità degli uomini. Questo «tesoro dell’umanità» giustifica l’azione della Chiesa a favore di ogni uomo; dà vigore alla missione della Chiesa e la conferma nel suo impegno a favore della giustizia e della verità (cfr. “Redemptor Hominis”, 18).​
Per San Giovanni Paolo II l’alba dei diritti umani universali rappresenta una prova della vocazione spirituale dell’uomo e sono una possibilità per la Chiesa di focalizzare la propria missione che il Papa declina attraverso la grammatica della Redenzione. Il mistero della Redenzione, per San Giovanni Paolo II, è strettamente connesso con la dignità della persona umana, centro del suo insegnamento sociale.

Don Nicola Patti


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